Le infezioni dell’apparato genitale costituiscono un grave problema per la funzione riproduttiva e possono essere causate da diversi batteri o virus. Secondo le statistiche, ben un terzo dei casi di infertilità è generato proprio da infezioni dell’appartato riproduttivo, sia femminile che maschile.
A livello di rischio, le infezioni che causano infertilità o che comunque condizionano in modo massivo la possibilità di una donna di rimanere incinta sono quelle che interessano il collo dell’utero, ossia le cosiddette infezioni cervicali. Si tratta di infezioni causate da microorganismi come il micoplasma e la clamidia.
MICOPLASMI
Che cosa sono?
I micoplasmi sono i più piccoli microrganismi liberi viventi conosciuti. Possono essere presenti insieme alla normale flora batterica residente nella gola, nelle vie aeree superiori e nel tratto urogenitale.
I micoplasmi sono diversi da altri tipi di batteri per molti aspetti, infatti sono privi di parete cellulare rigida e come tali sono di morfologia estremamente variabile (sferica, filamentosa), e ciò rende difficile la loro identificazione. I micoplasmi possono anche essere difficili da coltivare in laboratorio e spesso, per questa ragione, possono non essere riconosciuti come causa patogena di malattie.
Alcune specie di micoplasma hanno anche l’unica capacità di sfuggire completamente agli attacchi del sistema immunitario. Una volta che questi si attaccano ad una cellula ospite, il loro plasma e lo strato proteinico possono apparire come la parete della cellula ospite e quindi il sistema immunitario non riesce a
riconoscere i micoplasmi dalle cellule del proprio corpo.
I micoplasmi umani comprendono i generi Mycoplasma ed Ureaplasma (micoplasmi in grado di idrolizzare l’urea).
Quale disturbi comportano?
Si tratta di parassiti cellulari di superficie che aderiscono alla membrana plasmatica degli epiteli urogenitali, ma taluni penetrano all’interno delle cellule e diffondono verso i tessuti profondi, determinando danno cellulare proprio a seguito di questo intimo contatto.
Tuttavia spesso questi microrganismi coesistono con il loro ospite in un equilibrio che può rompersi, esitando in malattia conclamata con tendenza alla cronicizzazione.
M.hominis e soprattutto U.urealyticum sono chiamati in causa in un ampio range di patologie del tratto urogenitale.
Nella donna sono responsabili di vaginiti, uretriti e aborto precoce.
Nell’uomo possono determinare uretriti non gonococciche , prostatiti e prostato-vescicoliti subacute (25-50% dei casi) spesso accompagnate da emospermia (cioè presenza di sangue nello sperma). Sono stati anche descritti casi di epididimiti e balaniti: frequenti sono le forme asintomatiche o subacute.
Per quanto concerne le specie di maggiore interesse, M.hominis e soprattutto U. urealyticum, queste sono state messe in relazione con disordini della riproduzione.
Facendo riferimento all’infertilità maschile, U.urealyticum è stato spesso isolato dallo sperma e dal contenuto delle vescicole seminali di soggetti infertili. In questi pazienti il liquido seminale presenta caratteri che lo differenziano da quello normale per volume dell’eiaculato che risulta superiore alla norma, per numero degli spermatozoi che appare diminuito, per una loro minore motilità e per un aumento di forme immature. Si è anche notato un aumento del pH del liquido seminale da far risalire all’attività metabolica del microrganismo.
E’ ormai accertato come i micoplasmi, e in modo particolare gli ureaplasmi, siano responsabili di una diminuzione della mobilità degli spermatozoi con ripercussioni sulla loro attività per effetti diretti dovuti ad alterazioni morfologiche come anche per effetti indiretti dovuti ad alterazioni funzionali. Alle alterazioni funzionali concorrerebbero inoltre la produzione di sostanze spermio-tossiche e anticorpi specifici, presenti nelle secrezioni e soprattutto nel liquido seminale i quali, legandosi ai microrganismi adesi, determinerebbero una spermio agglutinazione.
Di recente, soprattutto in casi di infezioni a decorso cronico, è stata focalizzata l’attenzione su un’altra specie, M. genitalium, la cui azione patogena è legata non solo alla capacità adesiva ma alla capacità di penetrare nelle cellule della mucosa genito-urinaria.
CHLAMIDYA TRACHOMATIS
Si tratta di un batterio gram-negativo, la Chlamydia trachomatis.
La clamidia rientra nelle infezioni sessualmente trasmesse più frequenti ed è più diffusa nella popolazione giovanile fra i 15 e i 25 anni, con una percentuale più alta rispetto alla popolazione generale. Può colpire sia gli uomini che le donne, ma è in quest’ultime che si manifesta in tutta la sua pericolosità, potendo causare complicazioni gravi e permanenti al sistema riproduttivo e rendendo più difficile o talvolta impossibile una gravidanza naturale. L’infezione può inoltre aumentare il rischio di gravidanza ectopica.
Le donne possono venire contagiate dalla clamidia principalmente a livello di cervice, retto,gola;mentre gli uomini a livello dell’uretra (il canale all’interno del pene da cui passa l’urina), retto, gola.
Le tipiche manifestazioni sintomatiche (dolore o fastidio locale con modica secrezione, sanguinamento intermestruale, dolore addominale) possono essere lievi e non essere riscontrate in circa la metà delle persone che ne sono colpite. Anche se in assenza di sintomi, l’infezione può determinare serie conseguenze per la funzione riproduttiva.
Nella donna questa infezione decorre spesso in maniera sintomatica, ma può provocare importanti conseguenze, tra cui:
- possibi li danni alle tube di Falloppio
- malattia infiammatoria pelvica o PID
- gravidanza extrauterina
- insorgenza di infertilità.
Nell’uomo si possono manifestare infezioni dell’epididimo (tubicino con numerose circonvoluzioni situato nello scroto, sul testicolo, che consente il passaggio dello sperma), danno ai testicoli e infezioni alla prostata (ghiandola del sistema riproduttivo maschile deputata alla formazione del liquido seminale).
La malattia è curabile attraverso una terapia antibiotica, che tuttavia non garantisce immunità: il risultato è quindi che l’infezione può essere contratta e ripetute più volte.
Queste infezioni che causano infertilità sono sessualmente trasmissibili e talvolta rimangono ignorate perché sostanzialmente asintomatiche. Perciò, la coppia alla ricerca di un figlio e che non riesce a concepire, in questo modo, faticherà a comprendere quale problematica stia condizionando i suoi tentativi.
In ogni caso, esistono certamente alcuni sintomi a cui è importante prestare attenzione e che dovrebbero spingere immediatamente a un consulto con il proprio medico specialista di fiducia. Tra le avvisaglie da non sottovalutare vanno annoverati il bruciore, le perdite maleodoranti e il prurito. Si tratta di reazioni del corpo facilmente percepibili e che, nella stragrande maggioranza dei casi, porteranno alla diagnosi certa dell’infezione che provoca l’infertilità. In alcuni casi, possono generare qualche linea di febbre e dolori nell’area pelvica.
È anche importante sottolineare che le infezioni che causano infertilità possono essere provocate da un singolo batterio o da più batteri contemporaneamente. In alcuni casi, esse possono generare una infiammazione cronica a livello dell’endometrio, che altro non è che il tessuto di rivestimento interno dell’utero. In questa circostanza, l’infiammazione può impedire l’impianto dell’embrione, oppure provocare aborti spontanei durante il primo trimestre di gravidanza.
La forma di trasmissione sessuale è la più diffusa ma anche esami strumentali come l’isterosalpingografia (esame che consente l’analisi morfologica dell’utero e delle tube) o l’isteroscopia (procedura diagnostica che consente l’osservazione del canale cervicale e della cavità uterina), se non preparate correttamente, possono trascinare dentro l’utero germi patogeni (capaci di provocare malattia), motivo per cui, prima di questi esami è solitamente richiesto nelle donne un tampone vaginale.
Molte donne con PID sono asintomatiche, spesso quindi la malattia viene scoperta molto tardi, quando la donna non riesce ad avere una gravidanza o sviluppa un dolore pelvico cronico. Una donna su otto con PID diventa sterile. Il ritardo nel trattamento della PID aumenta vertiginosamente il rischio di infertilità a causa del danno che la patologia provoca agli organi riproduttivi. Gli agenti patogeni maggiormente responsabili di una PID sono la Chlamydia trachomatis e Neisseria gonorrhoeae, ma è importante ricordare anche la Gardnerella, il Mycoplasma e il Trichomonas.
Alla luce di queste premesse e considerando i cambiamenti delle abitudini sessuali avvenuti negli ultimi anni, si può concludere che questi ultimi abbiano influito negativamente sulla diffusione delle malattie veneree. Fino a quando l’educazione sessuale non sarà ampiamente proposta fin dalla giovanissima età , continueremo a osservare casi precoci di gonorrea, sifilide, candidosi etc. Le malattie veneree, oltre ad essere caratterizzate da segni e sintomi penalizzanti, hanno portato, sia nell’uomo che nella donna, ad un sensibile incremento di alterazioni della funzione riproduttiva, che contribuisce a determinare il sensibile calo della natalità registrato negli ultimi decenni, sebbene non quanto le scelte socioculturali. Notevole è l’impatto psicologico che l’infertilità e la sterilità hanno sulle coppie. In base a quanto esposto si può affermare che sarebbe utile un attento monitoraggio epidemiologico del fenomeno, condotto soprattutto attraverso l’utilizzo di indagini mirate ad individuare l’alterazione della funzione riproduttiva. In questo modo sarà possibile riconoscere e studiare più approfonditamente i fattori di rischio e condurre idonee campagne informative di prevenzione.
È sempre opportuno sottoporsi a test specifici per valutare con massima precisione quantitativa e qualitativa l’eventuale presenza di infezioni che provocano infertilità,
Dall’identificazione mediante esame colturale da striscio di tamponi vaginali e cervicali nelle donne o spemiocoltura e tampone uretrale nell’uomo si è arrivati oggi all’identificazione tramite PCR (polymerase chain reaction). Questa tecnica fornisce maggiore sensibilità e specificità in quanto non si basa più sulla crescita dei suddetti microrganismi su terreni competenti, ma sull’amplificazione di specifiche regioni del DNA di questi microrganismi. E’ perciò una tecnica più sensibile (anche pochissimi microrganismi sono rilevati) e più specifica (poiché identifica regioni del DNA presenti esclusivamente sui microrganismi interessati). Queste caratteristiche fanno della ricerca mediante PCR la tecnica di elezione per la identificazione di Mycoplasma hominis e genitalium, Ureaplasma spp, Chlamydia trachomatis .
Per questo motivo il nostro Laboratorio fornisce ai suoi pazienti la possibilità di effettuare questa analisi con tecnica PCR tramite un unico tampone vaginale, cervicale o uretrale per l’identificazione di uno o di tutti i microrganismi contemporaneamente.